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da Libertà, 24/02/2014
Progetto di aiuto sulla dipendenza dal gioco, mercoledì la presentazione

PIACENZA – «Ma fatti gli affari tuoi, avrò giocato sì e no dieci euro! Gioco esattamente come tutti gli altri». I familiari dei malati di gioco raccontano di aver sentito dire frasi come questa almeno un centinaio di volte. Ogni volta, dicono, è stato come ricevere una coltellata invisibile. Eppure la famiglia è l’unico legame capace di smascherare chi è entrato nel tunnel del gioco d’azzardo. Spesso, nell’aiutare con tutte le proprie forze chi sta affondando, il familiare finisce per essere trascinato in un vortice di sfiducia e depressione, dove c’è poco spazio per sorridere ancora. Si stima che ogni giocatore coinvolga almeno sette persone nella trappola. Ma passare dalla trappola a una rete di sostegno è possibile.

Si intitola non a caso “Dalla trappola alla rete: affrontare il gioco d’azzardo eccessivo sostenendo familiari, volontari e servizi” il progetto di informazione e sensibilizzazione che, con il coordinamento di Alessandra Bassi (cooperativa sociale l’Arco) e Fausta Fagnoni (La Ricerca), vede in prima linea il mondo del volontariato piacentino e Svep nella creazione di un sistema più accogliente per coloro che rischiano di perdere un familiare nel vortice di luci e suoni di una slot machine o di una videolottery.

Il percorso, partito da pochissimi giorni, sarà presentato ufficialmente in occasione del convegno di mercoledì alle 17,30 a palazzo Rota Pisaroni di via Sant’Eufemia, sul tema dell’amministratore di sostegno (l’incontro sarà moderato dall’avvocato Claudio Tagliaferri e vedrà, oltre alle relatrici del progetto, gli interventi di Adele Savastano, giudice tutelare del Tribunale, Sergio Danese, presidente Auser, la psicologa Ilaria Fontana, collaboratrice della fondazione Pia Pozzoli, Maurizio Avanzi, responsabile del Sert. Poco prima di Natale, in occasione della nascita del coordinamento anti-slot in Provincia, era stato lo stesso Avanzi a sottolineare come non esistessero percorsi di aiuto concreti destinati alle famiglie del giocatore d’azzardo patologico. «Eppure con pochissimi fondi si potrebbe fare davvero tanto per loro» aveva detto.

Una finestra su questa sofferenza sommersa e soffocata – un po’ per vergogna, un po’ perché realmente lacerante, capace di rovesciare ogni tipo di rapporto («pensavo solo a giocare, era peggio che avere un’amante» ha detto Fabrizio, giocatore in cura al Sert, in una profonda testimonianza a Libertà) – era stata già aperta dalle esperte di “counseling” Bassi e Fagnoni nel 2012, con un gruppo sperimentale di aiuto con Sert e Svep.

Ora la rete si allarga, e coinvolge diciotto associazioni di città e provincia con Svep (Pace, Abracadabra, Oltre il muro, Carmen Cammi, Fiorenzuola oltre i confini, Piccoli al centro, Avo, La ronda della carità e della solidarietà, La selce, Auser, Acat, Auser Rottofreno, Aias, Age Carpaneto, Istituto La Casa, Ocipp Comunità Ivoriana, Ciofel senegalesi cattolici Emilia-Romagna e Marche, Elegance-Donne Costa d’Avorio) e altri partner, tra cui Caritas, Comuni di Caorso, Rottofreno, Fiorenzuola, Sert, La Ricerca, L’Arco, Acli, Federconsumatori, cooperativa Pietro Prati, associazione La Ginestra di Cortemaggiore, Centro Interculturale, Ippogrifo.

La prima fase del progetto (finanziato dai contributi del Fondo speciale per il volontariato), come spiegato dalla direttrice di Svep, Raffaella Fontanesi, consiste nella formazione dei volontari che dovranno creare spazi di ascolto dei familiari. Dovrebbe inoltre prendere vita un percorso ad hoc per coloro che svolgono una professione in campo legale, sanitario o di assistenza sociale, per garantire anche un supporto specialistico alle famiglie coinvolte.

Elisa Malacalza

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